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A partire dalla fine del 2019 a Krasnogorsk, cittadina a nord-ovest di Mosca, un allevamento di bovini sta sperimentando un particolare visore per la realtà virtuale sulla sua comunità di mucche. Il visore, adattato alla conformazione fisica dei bovini, è volto all'aumento della produzione di latte, attraverso la trasmissione di immagini pensate per il benessere psicofisico degli utenti animali. Il video trasmesso, un prato verde in una giornata d'estate, è infatti studiato per immergere gli animali in un ambiente rilassante, alienandoli dalla mesta atmosfera dell'allevamento russo. Dall'ancora incerto valore scientifico, questa pratica ha attivato una serie di importanti riflessioni sul nostro rapporto con il soggetto animale e sulle pratiche d'immersività digitale. TBD, come altre realtà editoriali, ha ritenuto di particolare rilievo questo fatto come catalizzatore di indagini proiettate all'ambito della visione, dell'estetica e delle arti contemporanee. S()FIA BRAGA - DIE VERWANDLUNG
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Sofia Braga (Parma, 1991) è l’artista invitata a partecipare al momento Ultra del primo numero di TBD Ultramagazine. Nell’opera Die Verwandlung (2020), appositamente prodotta per l’occasione, le tematiche affrontate nel primo numero – i concetti di metamorfosi, di umano-non umano e di immersività nell’arte contemporanea – vengono interpretate in funzione della situazione straordinaria che stiamo vivendo, che fa risaltare i limiti e la vulnerabilità dei corpi e impone una relazione inedita con la tecnologia nel nostro vissuto domestico. CLICK ME TO READ
A partire dalla fine del 2019 a Krasnogorsk, cittadina a nord-ovest di Mosca, un allevamento di bovini sta sperimentando un particolare visore per la realtà virtuale sulla sua comunità di mucche. Il visore, adattato alla conformazione fisica dei bovini, è volto all'aumento della produzione di latte, attraverso la trasmissione di immagini pensate per il benessere psicofisico degli utenti animali. Il video trasmesso, un prato verde in una giornata d'estate, è infatti studiato per immergere gli animali in un ambiente rilassante, alienandoli dalla mesta atmosfera dell'allevamento russo. Dall'ancora incerto valore scientifico, questa pratica ha attivato una serie di importanti riflessioni sul nostro rapporto con il soggetto animale e sulle pratiche d'immersività digitale. TBD, come altre realtà editoriali, ha ritenuto di particolare rilievo questo fatto come catalizzatore di indagini proiettate all'ambito della visione, dell'estetica e delle arti contemporanee. Thanks of NASA International Archives Sofia Braga (Parma, 1991)
Sofia Braga (Parma, 1991) è l’artista invitata a partecipare al momento Ultra del primo numero di TBD Ultramagazine. Nell’opera Die Verwandlung (2020), appositamente prodotta per l’occasione, le tematiche affrontate nel primo numero – i concetti di metamorfosi, di umano-non umano e di immersività nell’arte contemporanea – vengono interpretate in funzione della situazione straordinaria che stiamo vivendo, che fa risaltare i limiti e la vulnerabilità dei corpi e impone una relazione inedita con la tecnologia nel nostro vissuto domestico. THE ANIMAL TURN ISSUE
Nel dicembre del 2003 fu coniato dall’antropologa americana Sarah Franklin il termine animal turn nel convegno della Cultural Studies Association of Australasia (Armstrong e Simmons 2007). L’espressione è diventata velocemente di uso comune ed è entrata a far parte del gergo accademico per definire un rinnovato interesse verso i soggetti animali e il loro rapporto con l’umano. Questo interesse verso un nuovo paradigma critico è inevitabilmente collegato al più ampio fenomeno culturale del post umanesimo. Si può quindi affermare che l’animal turn sia una conseguenza diretta di tale crisi ontologica, alla quale si abbina un interesse per le specie non umane. La progressiva erosione dei confini fra l’uomo e l’Altro ha generato uno iato che ha dato a sua volta la possibilità a soggetti non umani (animali, vegetali, processi ambientali e cosmici) di entrare a pieno titolo e dignità in uno schema filosofico più ampio (Braidotti 2014), definendo dunque una svolta paradigmatica. Se le analisi post-strutturaliste e postmoderne della fine del XX secolo, attraverso il confronto con l’Altro, hanno già attivato una serie di fertili discorsi relativi a razza, genere e nazionalità, l’approccio postumanista ne estende i confini al di fuori dell’umano. Del resto, gli animal studies hanno influenzato e trasformato i pensieri postumanisti arricchendoli di questioni relative al soggetto a e alla sua costruzione culturale, riorientando così la questione degli affect (Gregg e Seigworth 2010) e del corpo, che si caricano di un maggiore impulso etico e politico (Nayar 2014). A Donna Haraway si deve l’integrazione, già avviata in Primate Visions , degli animal studies alla teoria postumanista. Tuttavia, è in Manifesto Cyborg che la questione diventa un asse principale della sua proposta rivoluzionaria. Qui Haraway evidenzia tre tratti caratterizzanti l’epoca postumana, relativi al rapporto tra umano e animale, tra organismo e macchina e tra fisico e non fisico[1] . Haraway ha dunque riassunto il progetto postumanista, interrogando e decostruendo i sistemi di classificazione che portano a considerare l’animale come una forma di vita inferiore. Per quanto Haraway non possa essere considerata rappresentate del postumano tout court, l’evoluzione della sua riflessione è indicativa di uno spostamento concettuale condiviso. READ ALL DELL'ORCHIDEA PITTRICE
L'ophrys apifera è una pianta appartenente alla famiglia delle orchideacee che, per rendere più efficace il suo processo di impollinazione, ha reso il suo fiore una copia vegetale e astratta dell'addome delle femmine di alcune specie di imenotteri. Il caso vuole che lo specifico insetto a cui il soggetto vegetale si rivolgeva sia ormai estinto. L'orchidea seduttrice, tornata per necessità a una più cauta, quanto meno funzionale, autoimpollinazione, conserva nella sua espressione formale l'unico ritratto di un antico ed estinto insetto. READ ALL SUPERARE LE GABBIE DEL CORPO
Il concetto di mobilitazione, come azione diretta nel riconoscimento di esseri in movimento, può essere assunto dalla teoria e dalla prassi antispecista come rimedio ai sistemi di reclusione in cui sono isolati i corpi, animali e umani, in strutture intensive. Come scrivono gli attivisti Marco Reggio e Niccolò Bertuzzi nel libro Smontare la gabbia. Anticapitalismo e movimento di liberazione animalel] è indispensabile 'un effettivo smontaggio dei meccanismi e dei presupposti che danno vita alle gabbie che tengono prigionieri milioni di animali, ma anche un numero sterminato di umani: ex-colonizzati, donne, disabili, migranti, individui variamente esulanti dal binarismo cis-gender, solo per citare alcune categorie di sfruttati/e' Quando gli animali irrompono nello spazio di predominio della specie umana problematizzano le sue tecniche totalizzanti e i suoi dispositivi di isolamento, sviluppando e proponendo nuovi interventi di emergenza per decostruire il sistema. Interessante aspetto della storia femminista e antirazzista è il concetto di intersezionalità che ripensa all'identità di una persona come un elemento unito (in modo inestricabile) a vari fattori sociali e contingenti. Le concettualizzazioni classiche di oppressione - come ad esempio il razzismo, il sessismo, l'omofobia - non agiscono indipendentemente ma in modo interconnesso, creando un sistema che sottolinea l'incrocio di differenti forme di discriminazione. Attraverso un reale approccio 'intersezionale' sarà possibile pertanto smontare le gabbie erette da gerarchie sociali capitalistiche. La riflessione sull'animalità, non a caso, arriva a guardare lo stesso animale umano, poiché - come spiegano Reggio e Bertuzzi - i meccanismi di marginalizzazione e di normalizzazione della violenza sul più debole toccano le questioni dell'animalizzazione dei/delle migranti, delle donne, dei soggetti non eterosessuali e così via. Fra questi, giocano un ruolo rilevante le categorie del pensiero queer, della critica al binarismo e del pensiero decoloniale, all'interno delle quali il 'subalterno' - non necessariamente appartenente all'umano - si pone come breccia di apertura del pensiero univoco e dei sistemi di coercizione. READ ALL ESPERIENZA IMMERSIVA, REALTÀ VIRTUALE E ARTE CONTEMPORANEA
L'esperienza è uno dei beni di consumo a oggi più diffusi, fuori e dentro il mondo dell'arte. Spesso regaliamo a amici e parenti cofanetti che diano diritto a momenti rilassanti, intime cenette, degustazioni; tutti desideriamo partire per viaggi avventurosi verso località lontane e difficilmente raggiungibili, di cui ci piace dare prova sui social, condividendo selfie e racconti. Noi eravamo lì, in quel tempo e in quello spazio irripetibili: un'esperienza unica. Così la testimonianza del nostro vivere diventa il vivere stesso, attraverso i dispositivi che la tecnologia ci fornisce. Esempio paradigmatico è il caso di Airbnb: a un costo spesso poco accessibile, si possono vivere diverse attività di contorno al viaggio. Da una situazione casalinga in cui preparare le lasagne con una nonna bolognese a un avventuroso campeggio sugli alberi in Costa Rica, ogni momento può diventare irripetibile. Anche la pubblicità non è estranea al meccanismo dell'esperienza: partendo dallo storico esempio di Coca-Cola con il suo celebre 'Taste the Feeling', passando per 'Fate l'amore con il sapore' di Müller, fino ad arrivare a 'No Martini. No party', gli spot commerciali sottolineano costantemente l'importanza dell'esserci, del partecipare, di essere protagonisti assieme al prodotto venduto READ ALL 30 DAYS IN VR
È marzo 2018 quando Enea LeFons dà vita al progetto "30 days in VR" in un appartamento art déco di Torino. Grazie alle più sofisticate tecnologie di virtual reality, il programmatore-designer è il primo uomo ad aver provato a immergersi in un mondo parallelo per un mese, vivendo 24 ore su 24 - e contro qualsivoglia visione distopica - in una dimensione virtuale. La redazione di TBD lo ha intervistato per conoscere qual è il suo punto di vista sul rapporto uomo-arte-tecnologia, per scoprire in quale direzione sta evolvendo ora il progetto e quali possono essere le sue implicazioni nel reale. Segue l'intervista. READ ALL CONTRO L'IMMERSIVO ORNAMENTALE
Adolf Loos, architetto austriaco di inizio Novecento, si può considerare uno dei primi fautori di quella crociata contro l'ornamento condivisa dall'intellighenzia architettonica dell'epoca. A suo dire, infatti: "L evoluzione della civiltà è sinonimo dell'eliminazione dell'ornamento dall'oggetto d'uso" (Loos 1972, p. 220). In piena linea con il sistema depurante dell'epoca (che ha interessato trasversalmente tutta la cultura occidentale), Loos diviene medium perfetto dell'ideologia moderna e, contestualmente, di quella iper-capitalista. Citando direttamente Loos in Parole nel Vuoto: "'ornamento è forza-lavoro sprecata e perciò è spreco di salute. E così è stato sempre. Ma oggi esso significa anche spreco di materiale, e le due cose insieme significano spreco di capitale" (Loos 1972, p. 223). Il contesto architettonico in Loos non può che essere circoscritto all'ambito della funzione in quanto la creazione formale è materia del genio: "| singolo individuo non ha la facoltà di creare una forma, quindi nemmeno l'architetto. L'architetto però ripete continuamente questo impossibile tentativo - e sempre senza successo. la forma e l'ornamento sono il risultato dell'inconscia opera comune degli uomini che appartengono a un certo cerchio di civiltà. Tutto il resto è arte. L'arte è la volontà ostinata del genio. Dio gli ha affidato questo compito" (Loos 1972, p. 327) . Loos resuscita il Dio ucciso da Nietzsche per relegarlo a metafisico committente dell'arte bella senza funzione. Loos è per certi versi un autore problematico. Il discorso qui preso in esame si carica infatti di una serie di costrutti sociali che attivano spinte colonialiste e fortemente razziste. L'idea di un soggetto "in-civile" che feticizza il piacere ornamentale (in architettura e non), divene per Loos contraltare del ben più civile edificio funzionalista. A ridefinire tuttavia le potenzialità dell'ornamento ci pensa già Adorno, che in tempi di modernità traumatizzata spiega la possibilità di far dialogare la fantasia - quindi l' 'ornamento' nel senso in cui lo intendeva Loos - e la funzione in architettura. In Adorno funzionalità e fantasia (ornamentale) convivono in un rapporto intrecciato, generando un'atmosfera vaporizzata e inscindibile. Una posizione complessa, che non rinnega o elimina il funzionalismo come vettore progettuale, ma lo condanna se ritenuto narrazione univoca e universale. READ ALL DEL MUTARE DELLE FORME
Nell’epoca del non umano, dove scardinare l’antropocentrismo è programmatico nel discorso estetico, è bene cercare le radici in cui affondano queste intenzioni contemporanee. Grecia e Roma antiche raccontano tramite i miti metamorfici l’incontro dinamico col naturale. Questa narrazione viene reinterpretata nel contemporaneo e cambia di senso, si evolve in termini ‘rivoluzionari’, intendendo il confine tra umano e animale, tra uomo e natura come sempre più labile e eludibile. L’incipit di questo archivio visivo è composto da immagini che coprono un arco temporale dal Seicento all’Ottocento. Questa prima parte è poi ampliata da una sequenza di metamorfosi contemporanee che mette ancora più in luce come le radici del processo di ibridazione tra umano e non umano siano necessarie e propedeutiche alla sua crescita fino ai giorni nostri READ ALL